Nel panorama delle aziende italiane, soprattutto PMI, resiste la convinzione che la Supply Chain e soprattutto l’Inventory rappresentino solo un costo aziendale da ridurre il più possibile per migliorare i KPI di bilancio. Questo pensiero è legato ad una visione tradizionale che non comprende il valore di un’integrazione profonda tra servizio al cliente, efficienza produttiva e ottimizzazione dei costi. Dopo il Covid si è compreso a fondo che non possiamo più agire in modo reattivo ma serve avere un approccio predittivo e per essere predittivi serve l’inclusione nel processo di tutte le funzioni chiave aziendali (Sales, Marketing , Operations, Finance…) e, oggi sempre più, della Digitalizzazione come strumento determinante nei processi e nell’elaborazione dei dati. Non basta più pensare un prodotto, svilupparlo, creargli le giuste connessioni con il mercato attraverso una buona capacità di marketing, un efficace advertising e una buona struttura di vendita ma serve soddisfare un’esigenza primaria: fornire al cliente il prodotto quando gli serve rispettando il livello di qualità promesso. La soddisfazione delle aspettative si manifesta attraverso l’azione congiunta di qualità intrinseca del prodotto o servizio, qualità del delivery e tempistica dello stesso dove la gestione dell’Inventory si comprende abbia un ruolo chiave per garantire la Go to Market. Purtroppo, spesso, manca una cultura della progettualità che includa tutti gli stakeholder e valuti con attenzione, fin da subito, i processi e i tempi di acquisizione, disponibilità, trasformazione e distribuzione dei materiali necessari. Ma cosa serve perché le cose cambino? Serve l’impegno di un Top management moderno che crei la cultura, serve avere le persone giuste al posto giusto, quindi le giuste competenze, ma soprattutto serve la consapevolezza che sia giunta l’ora di ripensare un modello tradizionale che non funziona più. Ci sono contesti aziendali che si fondano sulla gestione corretta dell’Inventory come l’ e-commerce , altri invece ancora in attesa che arrivino gli ordini per capire quanto produrre o al massimo creano dei piccoli stock basandosi sull’ “esperienza” , e infine altri ancora che non sanno costruire una partnership trasparente con i loro fornitori perché troppo impegnati a chiedere solo riduzioni di costo che distruggono le filiere riducendo la qualità. Se poi pensiamo alla gestione fisica dei magazzini, resiste ancora la legge della consuetudine.
Da tempo, però, le realtà che fanno da role modeling sui mercati hanno capito che il vero vantaggio competitivo di un’azienda risiede nella corretta gestione della sua Supply Chain, di cui l’Inventory management è un pilastro, perché, se moderna e integrata, genera efficienza, efficacia e conseguente massimizzazione dei profitti riducendo i costi e migliorando la performance attesa dal cliente.
Ma cos’ è l’Inventory Management? La traduzione letterale sarebbe “gestione dell’inventario” quindi nell’immaginario comune sarebbe la conta fisica o, se va bene, digitalizzata di quanto c’è in un magazzino, utile a determinare il valore del magazzino stesso, asset importante nello Stato patrimoniale di un bilancio. Può essere solo questo? No, è molto di più!
Innanzitutto la gestione del proprio magazzino, merci in entrata e uscita, si può dire corretta se riesce a soddisfare il servizio al cliente, garantire la produzione evitando i fermi macchina, trovare il giusto livello di stock per ottemperare alle esigenze finanziarie di costo e ,a corollario, impostare una logica di ordering cost e di transport cost che non sia polverizzata generando inefficienze. Ma come è composto lo stock? Lo stock è costituito da 5 tipi di merci:
- Materie prime
- Semi-lavorati o prodotti in fase di lavorazione (WIP-work in process)
- Prodotti finiti
- Merci in distribuzione (distributori, magazzini decentrati ecc.)
- Parti di ricambio (MRO- maintenance,repair, operating supplies)
La dominanza in stock di un tipo di merce rispetto ad un’altra dipende dal modello produttivo o dalla tipologia di prodotto di una determinata azienda.
Tutti hanno in comune una cosa, non possono mancare e la loro quantità deve essere il risultato di una valutazione a monte basata su semplici criteri:
- Può servire ad anticipare stagionalità o picchi indotti da forti strategie di push
- Può servire a gestire domande di mercato non totalmente prevedibili, cosa frequente, e quindi a coprire i tempi di riapprovigionamento e delivery (safety stock)
- Può essere acquistato in lotti superiori alle necessità di breve-medio termine per assecondare le economie di scala e quindi maggiori scontistiche
- Può essere acquistato per anticipare eventi imprevedibili e disruptive che potrebbero accadere come non accadere (situazioni geopolitiche, volatilità dei mercati finanziari etc..). Il Covid ha lasciato un segno indelebile!
- Può essere acquistato per consentire fluidità nelle fasi di lavorazione.
Per qualunque motivo sia acquisito, dovrebbe essere il risultato di un processo che risponde almeno a queste domande :
- E’ stato calcolato un forecast di vendite come risultato di un’azione concertata almeno tra Sales e Marketing che sia proiettabile a 6-12-18 mesi e rivedibile almeno su base mensile con un processo dedicato?
- Questo forecast è stato condiviso con i responsabili della Supply Chain (fondamentale il Procurement) e in senso lato con tutte le funzioni di Operations (produzione, post vendita etc… in base alle diverse organizzazioni aziendali)?
- Sono stati valutati i tempi di consegna dei prodotti necessari? Si incastrano con i tempi di go to market?
- È stata valutata la capacity produttiva e la rotazione attesa dei prodotti?
Se sono stati gestiti almeno gli step sopra descritti ci sarà una ragionevole possibilità che ci sia lo stock giusto, al momento giusto e con la giusta qualità. Diversamente ci sarà solo una faticosa rincorsa che non è figlia della flessibilità ma della confusione. La confusione nasce dall’incapacità manageriale, la flessibilità nasce dalla collaborazione e dall’avere una lucida conoscenza del mercato, ognuno per la sua parte.
Una regola fondamentale che segue l’Inventory manager è valutare se il costo dello stock tenuto in magazzino sia più accettabile del costo di non averlo. Mi spiego meglio: se riduco gli stock al minimo e mi affido solo al Just in time rischierò di non essere in grado di gestire le disruption, gli imprevisti e le fluttuazioni della domanda perdendo ordini e generando clienti insoddisfatti. Se invece ho i dati necessari per conoscere le fluttuazioni del mio business, le rotazioni delle merci, le peculiarità della filiera di approvvigionamento e distribuzione, sarò in grado di calcolare cosa e quando mi serve con i giusti costi. Devo fare una valutazione dei rischi connessi ed esser capace di anticipare il futuro. Sono tanti i metodi e i modelli da seguire, dipende molto dalle logiche di produzione ma ci sono dei capisaldi da calcolare sempre:
- Indice generale di rotazione delle merci
- Identificare le merci in ottica ABC (alto-medio-basso rotanti)
- Lead time (tempo di ricezione merce e spedizione)
- Stock coverage (calcolo di copertura per evitare gli out of stock)
- Safety stock per compensare ritardi nelle consegne o picchi anomali
Non dimentichiamo che il magazzino è un asset nello Stato Patrimoniale ma se ruota poco diventa immediatamente un costo rilevante che incide moltissimo sull’indice di liquidità aziendale e oggi il cash flow è un elemento chiave nella valutazione della capacità di sostentamento di un’azienda.
Ci vuole una certa competenza nel gestire l’Inventory ma ci vogliono anche sistemi a supporto. Uno dei più diffusi è MRP (materials requirement planning) che segue la logica di gestione del riassortimento delle merci che si basa sulla distinta base di ogni prodotto finito e/o semi lavorato, capace di integrare il forecast di vendita e la reale movimentazione delle merci attraverso software dedicati di cui è ricco il mercato ( non solo ERP ma anche Software molto meno dispendiosi). Esistono comunque altri metodi che devono essere valutati in base al contesto. A questo proposito introdurrei un tema quanto mai urgente: la Digital Trasformation! L’Intelligenza Artificiale e la Realtà Aumentata possono dare una svolta nella gestione dell’Inventory: AI è rilevante soprattutto nella fasi di forecasting per la capacità di assimilare e rielaborare velocemente i dati, nella gestione del back end e nel post vendita, nei processi di rilievo di rilevamento dei defective per migliorare i processi di quality improvement; la realtà aumentata può, ad esempio, aiutare nei layout di magazzino per velocizzare la fase di picking, per ottimizzare il packing e la pallettizazione, per evitare sprechi nel trasporto e per migliorare le fasi di inventario.
Oggi parlare di Inventory management senza parlare di Digital trasformation ci porterebbe in una dimensione che appartiene al passato e che non ci fa essere pronti per una crescita duratura.
Dovremmo anche imparare modelli diversi di gestione dello stock: dobbiamo essere efficienti nel gestire lo stock dei nostri magazzini ma, potremmo essere ancora più innovativi ed essere capaci di gestire gli stock dei nostri clienti, rifornendoli nelle giuste quantità e al momento giusto (Vendor Management Inventory) per migliorare le loro performance di sell-out ma anche per ottimizzare al meglio i tempi e i modi delle nostre produzioni. Sono tante le evoluzioni che può avere l’Inventory Management ma, per essere pronti a gestirlo al meglio, le competenze e l’esperienza sono elementi imprescindibili.